Amazon Advertising: Branded vs. Non-Branded keywords - Remazing
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Amazon Advertising: Branded vs. Non-Branded – Quando è che le inserzioni iniziano a cannibalizzare il mio marchio?

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Fondamenti della pubblicità

Una domanda relativamente cruciale da porsi in merito è relativa alle keyword branded vs. non-branded: in che misura le branded keyword influiscono sulle vendite organiche? Le branded keyword sono quelle che includono il nome del brand, come per esempio “sneaker Nike”. Una non-branded keyword potrebbe essere invece “scarpe da ginnastica”. Nel caso in cui un cliente sia alla ricerca di un prodotto della sua marca preferita, è molto probabile che acquisti l’articolo in questione anche in assenza di un annuncio pubblicitario. Il motivo alla base di questo comportamento è una fidelizzazione al brand già esistente e l’intenzione di acquistare un articolo commercializzato da quest’ultimo attraverso la ricerca sulla piattaforma Amazon. In tal caso, anche le inserzioni dei competitor, ovvero le aziende concorrenti, in base al grado di lealtà che dimostrano nei confronti dei propri clienti, avrebbero poche possibilità di successo. Infine bisognerebbe domandarsi se un’azienda, tramite il lancio di campagne branded, “cannibalizza” le vendite organiche.

Perché questa tematica è rilevante?

Oggi più che mai possiamo osservare che, per i brand, i principali KPI (Indicatori Chiave di Prestazione) sono rappresentati dall’ACoS (Acquisition Costs of Sales), ovvero il rapporto tra spese e acquisti. Senza volere contestare l’importanza di questo indicatore numerico, sarebbe opportuno osservare il fenomeno anche sotto altri punti di vista. Generalmente siamo portati a strutturare le nostre campagne, così come le parole chiave in esse contenute, secondo il seguente schema: Brand (stringa di ricerca + nome del marchio), Generic (stringa di ricerca generica, per esempio “scarpa”) e Competitor (stringa di ricerca + nome di un marchio concorrente). Ciascuna categoria di parole chiave presenta i suoi vantaggi e svantaggi, producendo di conseguenza valori ACoS che si differenziano l’uno dall’altro. Una giusta ripartizione di queste categorie deve essere calcolata in base al margine del prodotto e all’obiettivo della campagna, ovvero riconoscibilità del brand vs. incremento della redditività vs. aumento del fatturato.

Spesso osserviamo che i clienti che si rivolgono a noi per ricevere supporto negli annunci sponsorizzati, hanno delle campagne con un ACoS piuttosto basso, per esempio del 5%. Tuttavia, se consideriamo il fatturato nel dettaglio, ci rendiamo conto che, nonostante nell’ambito pubblicitario esso sia soggetto a una crescita considerevole, al contempo questo fenomeno non viene rispecchiato dalle vendite generali. Ovviamente tale tendenza può essere imputata a diversi fattori, come per esempio un numero molto alto di branded keyword. Un cliente che inserisce “nome del marchio + tipologia di prodotto” è già consapevolmente alla ricerca di un determinato articolo di un determinato marchio. Sorge quindi spontaneo chiedersi se esso effettivamente differenzi gli annunci sponsorizzati dai risultati organici delle ricerche, e se l’acquisto del prodotto si sarebbe verificato anche senza la presenza dell’annuncio sponsorizzato. In tal caso, si potrebbe affermare che l’inserzione ha “cannibalizzato” la vendita organica. La App di ricerche di mercato Appinio ha svolto un’indagine per nostro conto, la quale ha rivelato che circa il 62% degli utenti sarebbe in grado di riconoscere la natura sponsorizzata dei primi risultati di ricerca. Inoltre, lo studio dimostra che il 46% degli intervistati si impegna a non cliccare sugli annunci sponsorizzati. Ciononostante, il restante 54% produce dei costi. Varrebbe quindi la pena riorganizzare la ripartizione del budget e il numero totale di inserzioni Brand, Generic e Competitor, al fine di non cannibalizzare le vendite organiche.

Qual è la strategia più adatta al mio marchio?

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Dopo avere fatto luce su questa problematica, resta comunque da chiedersi in che modo si potrebbe attuare una ripartizione equa. E, sorpresa: dipende! Questa riflessione non è nuova, in quanto, a suo tempo, era stata sollecitata dalla nascita di Google. Nell’ambito di un motore di ricerca come Amazon, è necessario affrontare l’argomento in maniera analoga, sebbene, secondo noi, per tale piattaforma esso assume una rilevanza maggiore, poiché qui le ricerche si concentrano esclusivamente su brand e prodotti. In pratica, noi ci troviamo molto in basso al noto sales funnel (funnel di vendita).

Similmente a quanto teorizzato da Simon Sineks con il suo Golden Circle, gli inserzionisti dovrebbero porsi una domanda fondamentale: “Perché?”. Perché sponsorizziamo i nostri prodotti su Amazon? Vogliamo promuovere il nostro marchio? Siamo maggiormente orientati ai profitti o alle vendite? In base alla risposta data sarà possibile scegliere la tipologia di strategia pubblicitaria da applicare, oltre che riflettere in modo specifico sulla quota di parole chiave branded o non-branded da integrare.

Inoltre, la questione della protezione del marchio non dovrebbe essere tralasciata: il nostro target non è costituito esclusivamente da altri brand. Stando ai risultati del nuovo report di intelligence redatto da Gartner L2, “Amazon Europe 2019”, Puma, per esempio, nelle sue campagne avrebbe impiegato un gran numero di Competitor Keywords, grazie alle quali avrebbe ottenuto il 17% delle sue impression. Le principali vittime di questa strategia sono state Nike, Adidas e Fila. Per evitare di perdere vendite a causa di ricerche a vantaggio della concorrenza, il marchio dovrebbe applicare molte delle sue risorse anche per proteggersi. Per esempio, Garnier ha messo in pratica la strategia opposta: essa si serve principalmente di branded keyword, con l’obiettivo di incrementare il potenziale del cross-selling. Il marchio, in questo modo, riesce comunque a difendersi dai suoi concorrenti. Bisogna però ammettere che, in un contesto simile, il vero vincitore è soprattutto Amazon.

Partendo da un obiettivo principale basato sull’ACoS, che nel migliore dei casi viene calcolato innanzitutto in base ai margini di ciascuna categoria di prodotto, in seguito si può calcolare quello specifico che si intende raggiungere con le branded keyword. Tramite la nostra struttura dettagliata e la classificazione in molteplici portfoli, possiamo, se necessario, impostare la quota di branded keyword in maniera semplice e veloce. È possibile controllare in che misura ci si attiene a tale quota, così come al budget corrispondente, tramite l’utilizzo di keyword a corrispondenza inversa e un budget cap. Al fine di garantire che il budget non venga speso interamente entro la prima metà del mese, è importante accertarsi che il rapporto tra pacing e budget sia proporzionato.

Conclusioni: Osservare le campagne olistiche

Come spesso accade, anche in questo caso non esiste una risposta generica alla domanda “Quando è che il numero di branded keyword risulta così alto da cannibalizzare le vendite organiche?”. In linea di massima, le campagne pubblicitarie dovrebbero essere sempre osservate attraverso tramite lenti olistiche. In particolare, sarebbe indicato considerare il fatturato completo, quindi sia le cifre ricavate da Vendor o Seller Central, che quelle legate alla pubblicità: le vendite organiche diminuiscono in seguito alla pubblicazione della campagna con branded keyword? Qual è il rapporto tra organico e sponsorizzato? Esiste una causalità tra le modifiche nell’account? Ovviamente, in questo caso è necessario adottare una struttura ben definita che possa innanzitutto monitorare i cambiamenti e in secondo luogo le strategie corrispondenti da attuare.

Se hai domande a riguardo, non esitare a contattarci e ti aiuteremo a stabilire la strategia perfetta di parole chiave per i tuoi annunci sponsorizzati.

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Filip Egert
Filip è partner di Remazing dal 2017. Qui sul blog si occupa di tutti gli argomenti riguardanti Amazon Advertising come Sponsored Ads e ADSP. Filip è anche un esperto di strutture ibride su Amazon.

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